ROSA? NO, ABBIAMO BISOGNO DI QUOTE AZZURE

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Alle superiori, solo 4 prof. su 10 sono uomini, meno di 3 su 10 alle medie. Insegnanti, baby sitter, assistenti di direzione: tutte donne o quasi. Sì, le quote azzurre servono. Si laureano piu’ femmine che maschi: ahi, anche all’Università servono le quote azzurre? Purtroppo se i ragazzi si laureano di meno e’ perche’ ne hanno meno voglia. La differenza fra quote rosa e quote azzurre e’ tutta qui.

Gli uomini sono assenti perche’ non vogliono, non perche’ non riescono ad esserci!

La buona notizia e’ che la situazione migliora, lentamente.

The good news is we are making progress, but very slowly

                                                  Saidia Zandi – World Economic Forum

Lentamente migliora nel mondo, lentamente migliora in Italia.

L’Italia resta al 71° posto su 136 Paesi presi in esame dal World Economic Forum – una delle piu’ autorevoli voci nel mondo in materia di analisi economiche e sociali.  Recuperiamo qualche posizione rispetto al 2012: piu’ donne in politica. Sarò mica un effetto quote rosa?

La nostra esperta Cinzia Gatti ha preparato  una sintesi dei dati mondiali, italiani e della provincia del VCO:  la trovate su slideshare  .Ne abbiamo parlato a “Donne per la sostenibilità” il 15 novembre.

I NUMERI

I dati servono: innanzitutto per vedere la realtà come e’, non come ci piacerebbe che fosse.

Senza dati, ci sentiamo un pò come nel paese dei bugiardi. Il paese inventato (inventato?) da un uomo che ha avuto voglia di fare anche il maestro:

In quel paese nessuno /diceva la verità,/ non chiamavano col suo nome/ nemmeno la cicoria:

la bugia era obbligatoria.

Quando spuntava il sole/ c’era subito uno pronto/ a dire: “Che bel tramonto!”

                                                                                                                                                            Gianni Rodari – Il Paese dei bugiardi

Nel Verbano Cusio Ossola 1 impresa su 4 è governata da donne. Prevalgono turismo, dove quasi la metà delle imprese sono governate da donne, e commercio.

Il contributo delle donne all’economia provinciale e ai settori trainanti dell’economia provinciale e’ evidente. Tutto bene? No.

Le donne sono piu’ della metà dei cittadini (51%) e poco meno del 60% dei residenti laureati. Eppure  nel VCO il tasso di disoccupazione femminile e’ 3,6 punti percentuali piu’ di quello maschile.  Moltissime le donne scoraggiate  che abbandonano il mercato del lavoro. Il tasso di inattività femminile tra i 35-44 anni,  passa dal 17% nel 2011 ad oltre il 25% nel 2012.

E LA POLITICA?

Sono poche donne le  sindaco nel Verbano Cusio Ossola: 9 su 77 comuni.  Ancora meno le donne presenti in Giunte e Consigli comunali: risultati ben al di sotto delle medie regionali e nazionali.

Questi e molti altri dati li trovate nel bilancio integrato 2012 della Camera di commercio: contiene un primo bilancio di genere.

Detto altrimenti:

I temi posti dalle donne, la loro responsabilità, concretezza, il loro senso immediato di ciò che è primario, la loro vicinanza alla vita, la loro idea di economia di  crescita e di sviluppo NON ENTRANO NELLE AGENDE POLITICHE

                                                                                                                                                                                                                                    Pieranna Margaroli – imprenditrice

 Della stessa opinione la Premier Neozelandese Hellen Clark : ne abbiamo parlato sulle nostre pagine facebook qui.

Sono opinioni, per quanto autorevoli. Ma rispecchiano i numeri.

Nelle Camere di commercio le quote rosa sono state appena introdotte: oggi il 7% dei componenti di Giunta e’ donna. Prima erano il 2%.  Nessuna donna e’ Presidente di Camera di commercio. Ci sono solo due Vicepresidenti donna: una e’ Vittorina Prina, nel VCO.                                                                                Monica Onori – Unioncamere

                                                                                                                                                                                                                                             

Nelle società quotate sono state imposte le “quote rosa”. Oggi le donne sono piu’ presenti nei Consigli di amministrazione, ma sono

 appena l’11,8%. (erano il 6,8 prima della legge)  la situazione peggiora se si guarda ai ruoli ricoperti dalle donne: il 2,3% sono Presidenti del Cda e meno del 4% sono Amministratore Delegato                                                                                                                                                                                         http://www.linkiesta.it/donne-cda 

I dati dicono, sull’interpretazione si corre. C’e’ chi si arrovella, chi strilla:  piu’ donne nel cda = piu’ redditiviità. No, piu’ donne nel cda=piu’ propensione al rischio!.

E’ davvero necessario chiedersi e indagare cosa porta una donna in un cda? Cosa portano gli uomini con gli occhi verdi? E quelli con i calzini corti?

Ma che domande vi fate, ci facciamo?  Le donne non sono nei consigli di amministrazione, non sono dove si decide e questa e’ una stortura. Punto.

QUOTE AZZURRE? UN SUGGERIMENTO

6971031213_26ed7805da_zBoneyard_1Chiediamo le quote azzurre: alle simpaticissime feste scolastiche e di compleanno, in attesa nella sala d’aspetto del pediatra e del medico che visita genitori e zii,  a cercare parcheggio vicino alla scuola o all’asilo e così via. Su, via:  il mondo e’ bellissimo perche’ e’ fatto di tanti colori. Altrimenti e’ monotono.

LAVORIAMOCI SU, ALLORA.

La realtà e’ quella che e’: va cambiata. Lavoriamoci su. Mettiamo insieme i colori. Non e’ sempre necessario immaginare grandi cose: può bastare pensarle diverse.

Anche una sciarpa può essere concettuale: una riga al giorno, dell’identico colore del cielo: sky scarf Le cose a volte sono piu’ facili di quel che sembra,  come la sciarpa indossata da Steve West :  il modello gratis lo trovate qui.

L’ha disegnato proprio lui, Steve West: anche gli uomini ci riescono, se vogliono


Donne per la sostenibilità: collaboriamo? Il 29 novembre il primo evento dedicato all’economia collaborativa

http://flic.kr/p/9fPtsT

C’e’ il coworking  e le warmshowers, il crowd funding e il carpooling.  Ci sono molte nuove imprese: di giovani e di donne. Sul coworking trovate un post qui  , le docce calde sono per i cicloturisti, la raccolta di fondi per le buone idee, il carpooling per muoversi spendendo e inquinando meno. Tutte vogliono dire: fiducia, voglia di stare insieme e collaborare.

Sharitaly e’ un grande evento dedicato all’economia collaborativa. Al mattino  vengono presentate  due ricerche, dell’Università Cattolica e di Duepuntozero Research. Al pomeriggio confronto fra start up, grandi imprese, enti pubblici e società civile.  Il progamma qui  http://www.sharitaly.com/programma-sharitaly.php.  Da leggere questo articolo di Marta Maineri, fondatrice di Collaboriamo!

Secondo gli organizzatori, l’economia collaborativa o sharing economy e’:

“un nuovo modello economico, capace di rispondere alle sfide della crisi e di promuovere forme di consumo più consapevoli basate sul riuso piuttosto che sull’acquisto e sull’accesso al bene piuttosto che sulla proprietà”

Voi che  ne dite? La foto  e’ “share some LOVE” – by Antony Cain su Flickr


Turismo e arte: nasce il Coworking alla Città dell’Arte di Biella

terzo-paradisoFondazione Pistoletto ,Viaggi e Miraggi e Movimento Lento lanciano  un progetto di coworking in uno spazio prestigioso: la Città dell’Arte creata a Biella dall’artista Michelangelo Pistoletto.

L’obiettivo è quello di condividere uno spazio lavorativo anche con professionisti e aziende attive nello slow tourism. Open day il 16 novembre: Cittadellarte-Fondazione Pistoletto – News.


COMUNICAZIONE DIGITALE E GREEN ECONOMY = UN LAVORO “SU MISURA”

antoniaAbbiamo intervistato Antonia Santopietro, 44 anni, sposata, un figlio di cinque anni, e’ titolare e socia dal 1999 di Business World , società di consulenza e formazione con sede a Bari e a Verbania.

E’ imprenditrice per libertà. Libertà di mettersi in gioco e “giocare” il proprio talento. Libertà di vivere a ritmi diversi da quelli che ci facciamo spesso imporre.

E’ anche Presidente dell’associazione culturale We feel Green! per la promozione e la diffusione del vivere sostenibile, del consumo critico e consapevole, del benessere naturale, della decrescita felice e altre economie possibili.

Raccontaci della tua impresa

Aiutiamo imprese ed enti in progetti di sviluppo attraverso

consulenza, percorsi di formazione o accompagnamento manageriale con particolare riferimento alle aree della green economy e della comunicazione digitale web & social.

In collaborazione con enti ed associazioni organizziamo convegni e workshop su temi legati prevalentemente alla sostenibilità e al green marketing. Il mio lavoro prevede prevalentemente partnership con altri colleghi: parole d’ordine net-working ed integrazione delle competenze su progetti complessi. Ho sempre considerato l’interazione con altri professionisti, anche concorrenti, una risorsa ed un’opportunità di crescita. Per fortuna le opportunità di collaborazione, anche su grandi distanze, con internet e i social media sono fortemente migliorate ed amplificate. Condivisione e collaborazione per me sono sempre un valore aggiunto.

Che studi hai fatto e cosa facevi prima di diventare imprenditrice?citazionesantopietro

Il mio percorso formativo è stato piuttosto articolato, forse un po’ indicativo di una incertezza tipica del periodo post diploma. Laurea in Lingue e Letterature Straniere nel 1993 con una tesi sulla lingua russa e specializzazione in filologia slava. Questo percorso è stato trampolino di lancio per un’immediata introduzione al mondo del lavoro: ben lontano dalle pagine dei romanzi russi, in ambito commerciale ed internazionale. La necessità di comprendere alcune dinamiche e la crescente passione per il mondo di impresa mi hanno ben presto condotto ad intraprendere un ulteriore, lungo e mai interrotto percorso di studi e formazione che hanno spaziato da corsi in Gestione degli scambi internazionali, marketing internazionale, fino al Master of Arts (MA) in Marketing, Sales and International Business conseguito nel 2001. Da allora ho continuato con studi sempre più specialistici, legati al management di impresa e delle risorse umane (leadership ed intelligenza emotiva, comunicazione efficace, empowerment etc.). L’auto-formazione è quotidiana: la mia professione richiede aggiornamenti continui. Prima di diventare imprenditrice ho lavorato come traduttrice e responsabile ufficio estero per aziende manifatturiere e trading companies.

C’è un momento, un’occasione in cui scatta la molla che ci fa decidere: cosa ti ha fatto dire “voglio fare qualcosa di mio”?

Ricordo bene di aver avuto questa spinta dopo aver fatto un’esperienza di lavoro dipendente. Ci sono sempre, a mio avviso, due componenti motivazionali in questo processo:

la prima è il desiderio di essere artefice del proprio percorso di crescita professionale, nel bene e nel male, l’altro avere una grande convinzione che la propria idea imprenditoriale sia assolutamente fondata,

per usare un termine cauto…geniale” per esprimere una certa dose di “fiducia in se stessi” che nell’imprenditore non deve di certo mancare. La combinazione di intuizione, determinazione e audacia deve, tuttavia, assolutamente essere conciliata con studio, rigorosa preparazione e metodo.

Hai iniziato con un capitale tuo o hai ottenuto un finanziamento?

Ho iniziato con un capitale personale, sebbene allora fosse molto utilizzata una formula per giovan iimprenditori, il Prestito d’onore, che aveva delle incompatibilità con i miei tempi di realizzazione e quindi decisi di optare per l’autofinanziamento.

La tua giornata-tipo, dalle 7.00 alle 20.00.

Premetto che

per scelta personale ho dato alla mia vita un taglio di sostenibilità adattando un po’ l’attività e questo è uno dei vantaggi del lavoro in proprio.

Sveglia alle 7, disbrigo delle faccende domestiche, accompagno il figlio a scuola e poi (non prima di aver preso un buon caffè godendo dei vari scenari che il lago offre in ogni stagione) vado in studio dove in genere ho al mattino quasi sempre gli aggiornamenti via social sui vari progetti. Lavoro fino alle 16 se la giornata non prevede che mi sposti in giro per consulenze, appuntamenti etc.. quindi vado a prendere mio figlio, passo un paio di ore con lui spesso questo è il momento più rilassante, e poi aspettiamo cena e marito, dopo cena in genere rientro in studio per concludere attività di solito di tipo culturali, scrittura di articoli, etc.. Viaggio per lavoro abbastanza spesso e questo richiede un po’ di organizzazione in più.

Quali sono le difficoltà maggiori ?

Gli aspetti organizzativi, conciliare la gestione della famiglia e anche il piacere di ritagliare degli spazi per sé e il lavoro. In questo spesso ci si affida a delle collaborazioni oppure ad una rete di relazioni. Ottima programmazione e attitudine al problem solving rimangono in ogni caso le strategie migliori.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Senza alcun dubbio l’opportunità di sperimentare, la versatilità dei progetti e la possibilità di interagire con tanti professionisti in contesti diversi. Non nego di scontrarmi con delle difficoltà o imbattermi in fasi di stanchezza, a volte la vena creativa si spegne e si devono cercare delle nuove energie, soprattutto perché in questo lavoro ci si muove a contatto con le persone e le loro problematiche.

E’ un percorso di crescita personale, in cui si misurano anche i propri limiti

e quello che ci sta più a pennello, ma personalmente valuto il cambiamento come opportunità di rinnovamento e quindi cerco sempre nuovi ambiti e sfide su cui lavorare.

Le debbono sempre impegnarsi di piu’, per dimostrare quel che valgono?

Non ho incontrato particolari pregiudizi perche’ donna, forse più spesso per l’età, avendo iniziato abbastanza giovane, ma non posso dire che la strada per le donne non sia a volte in salita in alcuni contesti. Posso certamente dire che ho invece conosciuto professioniste molto in gamba e molto determinate anche con storie personali forti e che hanno fatto scelte importanti. Io dico che le donne hanno una marcia in più e devo anche dire che lavorano benissimo insieme.

Vantaggi e svantaggi del lavoro in proprio santopietro2

Premetto che io ho sempre visto prevalentemente vantaggi superiori agli svantaggi, soprattutto nella già citata libertà intellettuale di essere artefici della propria crescita professionale, tuttavia è innegabile che il sistema contributivo e fiscale italiano penalizza, anziché favorire, le attività imprenditoriali, spesso le logiche della burocrazia amministrativa di un’impresa tanto piccola quanto grande sfuggono a qualsiasi buon senso. Forse negli ultimi anni, a maggiore ragione con i venti di crisi che conosciamo, più forte si fa strada la necessità di pensare a fare impresa basandola su valori, cuore e relazioni più che su una logica incentrata su risultati di esercizio, e sui numeri della crescita.

Per sviluppare la tua attività o per lavorare meglio, di cosa senti necessità?

Di un confronto costante con altre persone, di avere uno spazio dedicato e di alternare l’attività lavorativa con attività culturali.

Tre consigli a chi oggi vuole aprire un’attività in proprio

# tenacia # preparazione costante ed una certa dose di .. #follia.

Ti chiedi mai : ma chi me l’ha fatto fare?

Direi di no, al limite quando avverto una certa stanchezza è perché devo mettere a fuoco il cambiamento. Ci ho pensato più volte e ho maturato l’idea che sia la sola dimensione lavorativa compatibile con la mia personalità: Questa scelta non è sempre a buon mercato ovviamente, perché

autodeterminarsi significa anche sopportare il peso della responsabilità delle scelte che riguardano sé e gli altri,

ma ritengo che chi lavora mettendo a frutto un proprio talento intellettuale o manuale ha in ogni caso l’opportunità di trovare una strada di espressione privilegiata, a volte, per alcune logiche, negata o limitata in contesti di lavoro dipendente. Se poi il governo e le istituzioni ci dessero una mano in più a non farci desistere scoraggiati sarebbe anche meglio! Ma questo è un altro capitolo…

Per saperne di piu’ : www.bwconsulenza.it e www.comunicazionegreen.it

Antonia e’ di casa su molti social network:

http://it.linkedin.com/in/antoniasantopietro

http://www.facebook.com/greenmarketingbusinessworld

https://twitter.com/bworldgreen

http://www.scoop.it/t/green-marketing


DA DOVE VENGONO LE BUONE IDEE? ancora sulla creatività

Steven Johnson illustra la nascita delle idee in questo bel video di 4 minuti:

Le idee hanno necessità di incontrarsi

Le intuizioni devono collidere con altre intuizioni, dice Johnson

spesso quel che trasforma una idea in una cosa di successo e’ un’altra intuizione che ronza nella testa di un’altra persona

La creatività e l’innovazione richiedono anche il confronto, lo scambio, il mescolarsi.

Servono quindi degli spazi dove questo possa avvenire. Il web, certo : sempre disponibile, gratuito o quasi, si trova tutto e tutti. Ma non basta. I caffe’ letterari sono stati un sistema che connetteva idee ed intuizioni.

Idee ed intuizioni, certo, ma teniamo conto anche del sincero piacere di incontrarsi, ri-trovarsi, fare parte di una comunità che ci riconosce, divertirsi e scoprire il piacere di condividere. Qualcosa che ha a che fare anche con la libertà , anche quella di sbagliare. Questione di cuore, sì a volte mi ripeto. Se non e’ bello, se non c’e’ gioia ne’ piacere, perche’ farlo?

La creatività e’ (anche) una questione di spazio

Ne L’ultimo teorema di Fermat Simon Singh racconta la passione che richiede la soluzione di un problema matematico e descrive un ambiente straordinario, l’Isaac Newton Institute di Cambridge:

“Il solo scopo dell’esistenza di quell’istituto e’ di riunire le piu’ grandi intelligenze del mondo..allo scopo di discutere e tenere seminari avanzati di ricerca (…) …

l’edificio e’ progettato in maniera particolare per favorire la collaborazione e lo scambio di idee degli accademici.

Non ci sono corridoi chiusi dove ci si possa occultare.. I matematici vengono invitati a passare il tempo” nell’area comune.

Viene favorita la collaborazione anche quando ci si sposta nell’istituto: l’ascensore, che mette in comunicazione i tre piani, contiene una lavagna. In ogni stanza dell’edificio c’e’ almeno una lavagna, bagni compresi (!)

C’e’ il coworking ne abbiamo già parlato qui, citando l’esperienza di TAG e di Davide Dattoli, imprenditore di 22 anni. Dopo di noi ne parla anche Repubblica, in un lungo articolo del 6 agosto:

Il vero valore aggiunto di questo formula e’ di riunire le persone e i rispettivi talenti.

Se io sto tutti i giorni in un ambiente dove mi dicono che non ho speranze certo che mi rassegno. Ma se mi circondo di ragazzi pieni di idee che stanno provando a realizzare, cambia tutto.

Certo, e’ impegnativo e rischioso: quando le idee girano, poi di chi sono? E chi le usa e ne trae utilità ed utili?

“non avendo invenzioni da brevettare i matematici.. sono fra le persone meno gelose dei loro lavori. La comunità dei matematici e’ orgogliosa di avere uno scambio di idee libero e aperto …” Simon Singh

L’innovazione e’ – in estrema sintesi – la capacità di usare idee a fini di lucro. Concorrenza perfetta e innovazione vanno in direzioni diverse – così insegnano. Poi siamo umane, ci piace anche farci dire brave, ogni tanto (se l’idea non ce la ruba il solito signore magari piu’ dotato di noi ma di certo piu’ bravo a farsi vedere).

L’idea eccola qui

Possono esserci altri spazi e sistemi, diversi dal coworking o paralleli: occasioni e luoghi fisici dove le persone si incontrano, raccontano la propria esperienza, condividono quel che sanno e quello che hanno imparato con l’esperienza e ascoltano e rispondono a chi meno sa e vorrebbe sapere, a chi a delle idee ma non sa bene, a chi e’ piu’ giovane o giovanissimo e allora gli spazi son tutti presi o sono un po’ ghetti (solo per giovani, solo per quelli che no eccetera). Troppo spesso non ci accorgiamo di quanto sappiamo e di quanto potrebbe interessare ad altri.

Che ne dite? Ah, mi raccomando: ricordatevi che l’idea e’ anche un pò mia…

Annamaria Testa

Io invece dico grazie ad Anna Maria Testa, la signora della creatività – Liscia, gassata o Ferrarelle? – che mette a disposizione quel che sa: il video di Johnson lo trovate qui e tantissimo altro sul suo Nuovo e Utile . Non vi titilla la papilla?

 


IL GENIO DELL’UOVO – brevi note per la creatività

Nella  Pala di Brera,  Piero della Francesca dipinge nel 1472  un uovo,  sopra la Madonna con Gesu’ bambino. La perfezione geometrica mette in luce la semplice e naturale perfezione dell’uovo. L’uovo e’ notoriamente simbolo  della nascita e della ri-nascita: per questo lo portiamo sulle nostre tavole in questi giorni. L’uovo di struzzo dipinto e’ anche un  simbolo della verginità, fin dal mito di Leda e Zeus.  Dall’ uovo di Brera Achille Castiglioni  ha creato 500 anni dopo una famosa lampada, la “Brera” appunto. Dal mito greco al rinascimento italiano:  ma solo Achille Castiglioni ne ha fatto un oggetto nuovo, utile, bello.

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L’uovo di Brera mi è tornato in mente ammirando al Forum di Omegna www.forumomegna.org, la storia dei casalinghi del Cusio.  Una tappa di questa lunga storia e’ la collaborazione fra produzione e design.  Ad esempio, con “La Cupola”, caffettiera designata da un altro grande creativo, Aldo Rossi .  Ispirato dalla Cupola di S. Gaudenzio di Antonelli a Novara.  Un oggetto nuovo, utile, bello che riflette l’estro di un singolo e la storia dell’architettura italiana.

CREATIVITA’ = NxU 

Lampada e  caffettiera  sono esempi di creatività secondo la definizione del matematico francese Poincaré ( per intero la trovate sul bellissimo sito di Annamaria Testa tutto dedicato alla creatività e che prende titolo dalle parole di Poincare’  http://nuovoeutile.it). Per Poincare’ la creatività stabilisce:

” un legame tra elementi noti da tempo, ma fino ad allora sparsi e in apparenza estranei.. Inventare consiste proprio nel non costruire le combinazioni inutili e nel costruire unicamente quelle utili, che sono un’esigua minoranza”

A partire da qualcosa che esiste (il dipinto da Piero della Francesca, la Cupola di S. Gaudenzio) faccio nascere qualcosa di nuovo, utile e bello – che assolve la sua funzione con semplicità ed armonia:

“La creatività per me è realizzare qualcosa che modifica l’esistente. Non è necessariamente l’invenzione di qualcosa di nuovo, ma deve necessariamente apportare una variazione, utile all’uso di ciò che già esiste. Forse è semplicemente la necessità di modellare l’oggetto al nostro pensiero per esprimere il nostro io”

Daniela – chef

COME SI DIVENTA CREATIVI?

Certo, questi sono grandi creativi: facile, per chi ha talento e grande conoscenza, trarre stimoli e spunti dal passato e dal paesaggio locale.  Ma noi, comuni mortali, come si fa a diventare creativi? Beh, ci sono un sacco di manuali e blog sull’argomento…

Partiamo  proprio da qui: punto primo innanzitutto sapere, conoscere.

La conoscenza e’ indispensabile: per legare gli elementi devono essere noti, conosciuti.  Una conoscenza fatta di studi e di “sapienza” trasmessa oralmente – come quando si impara un mestiere da chi lo sa. Niente lampada, caffettiere, cupola o dipinto senza avere studiato e imparato. Ce l’ha raccontato anche Roberta Manganelli; ha studiato e imparato lavorando, innanzitutto.

Punto secondo: la creatività e’ una caratteristica fondamentale della Natura e della natura umana. Siamo creativi come specie . Creiamo continuamente: ci adattiamo all’ambiente, cerchiamo e troviamo nuove soluzioni ai problemi. Alcuni, pochi, sono geni o quantomeno creature dotate di straordinario talento.  Ma la creatività e’ di tutti, chi più e chi meno.  Il meno  dipende molto dall’ambiente in cui viviamo e lavoriamo  e – sorpresa!- da noi stesse.

MA IO NON MI FIDO

Il primo ostacolo alla nostra creatività siamo noi. Molte donne che ritengo creative dicono “io non mi sento creativa, non lo sono per niente”. Vale anche per molti uomini.

Gia’ a sentirla, la parola creatività, vien magari da fare un passo indietro. Un peccato: lampada e caffettiera mostrano che la creatività e la cultura sono vita: vivono e devono vivere con noi e accanto a noi, ri-crearsi e ri-crearci, in tutti i significati.

Facciamo così’: togliamo di mezzo quella parolona e parliamo di approccio creativo.

Avere un approccio creativo significa ricercare soluzioni ai problemi, per verificare se si può fare meglio o risolvere ciò che finora e’ sembrato irrisolvibile o fare qualcosa di nuovo. E’ legato a una profonda fiducia: la fiducia che le cose possano cambiare, la fiducia nel cambiamento. E la fiducia in se stessi: la fiducia di poter trovare soluzioni ai problemi. Se non si può cambiare, se non si pensa di poterlo fare, se non c’e’ fiducia, niente approccio creativo. E sì, ci vuole anche coraggio.

CORAGGIO, AMICHE E AMICI

Fiducia, coraggio: bei concetti, ma poi come si fa?

“Non si nasce con il coraggio: coraggiosi si diventa”

Dice Oscar Farinetti, Presidente di Unieuro e fondatore di Eataly in questa intervista.  Per lui, il coraggio lo abbiamo anche grazie agli amici:

“Stare insieme ti dà molto coraggio….L’amicizia e’ micidiale: riuscire a costruire una cosa insieme e’ una cosa meravigliosa, perche’ e’ un successo condiviso.. Io non ho mai fatto niente da solo”.

Fare insieme quindi: vale per le imprese come per gli artisti.

Diciamo che ci sono fondamentalmente due tipi di atti creativi. Diciamo che ci sono gesti per così dire “semplici” e altri più complessi . “Semplice” e’   la scrittura. Al Forum di Omegna mi ha molto colpito l’ammirazione  di un creativo a proposito di un manufatto in legno

“Lavori e in pochissimo tempo quello che avevi in mente lo realizzi”

Lampada e caffettiera hanno richiesto collaborazione strette per passare dall’idea al disegno al protipo alla produzione. Senza bravi costruttori, carpentieri e chissà chi altro niente S. Gaudenzio. Non si tratta di distinguere fra ideazione e realizzazione. E’ che il designer lavora insieme alla produzione, l’ascolta, ne riceve spunti e consigli..

Qui serve la collaborazione e ancora di più l’amicizia.

Se ascoltate questa musica cliccando qui magari ve ne innamorate: esprime emozioni e sentimenti lievi, delicati, allegri.

E’ un brano de “L’Arciduca”.  Beethoven lo compose per l’ amico, allievo e mecenate Arciduca Rodolfo.  Beethoven era un uomo dal carattere non facile. Ebbe grandi amici, che lo sostennero in una vita ricca e spesso dolorosa. L’Arciduca e’ stata composta da un uomo già afflitto dalla sordità: il grande pianista, il grandissimo compositore divenne sordo e continuò a vivere e comporre. Scrisse toccanti parole:

“O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un’apparenza […] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato”.

L’amicizia si vede del resto proprio in quei momenti lì. E la forza creativa, ci insegna Beethoven,  è anche tenacia.  Capacità di resistere agli inevitabili fallimenti e di ricominciare da capo quando si è sbagliato – come nella corsa

MA SERVE?

Ma, alla fine, perche’ avere un approccio creativo?

  1. E’ utile, ci aiuta a risolvere i problemi. Per questo la Natura ci ha fatti creativi: non saremmo altrimenti sopravvissuti come specie.  Le imprenditrici e gli imprenditori, chi lavora in autonomia e’ creativo  per definizione (Schumpeter). E’ quando ci si ferma che…
  2. E, poi, ci rende felici:

“Qualche volta mi sento utile a qualcuno, partecipe di qualche processo  collettivo.

Quando capita, avverto una sensazione di soddisfazione e compiacimento per aver favorito lo sviluppo di qualcosa grazie alla mia presenza, alle mie proposte, alla mia azione”.

Paolo Rizzi – Università Cattolica


Lavorare nella moda

Roberta Manganelli

ROBERTA MANGANELLI

lavoratrice autonoma,  48 anni con due figlie di 12 e 5 anni, lavora nel settore moda dal 1989 come consulente stilista design collezioni maglieria, total look uomo e donna e consulente collezioni filati.

Una grande passione, la voglia di esprimere la propria creatività e la gioia di essere donna e madre. Da un’idea prende forma un abito: per farlo si compongono forme e colori, fasi di lavoro, si distribuiscono i compiti fra soci e collaboratori. Con proporzione: nasce così  l’armonia,  l’accordo ed il  legame fra le parti che in alcuni momenti  ha ritmi vivaci e in altri fluisce. Fra le maglie dei tessuti, sul lavoro, fra le persone.

Roberta  ci racconta come è riuscita e riesce in un lavoro creativo e coinvolgente: con successo, perche’ il successo è fare bene cio’ che amiamo.

1. Che studi hai fatto e cosa facevi prima di metterti in proprio?

Dopo aver conseguito la maturità linguistica nel 1984, ho frequentato l’Istituto Marangoni a Milano, un corso triennale di specializzazione di disegno di moda con indirizzo maglieria uomo/donna

2. C’è un momento, un’occasione in cui scatta la molla che ci fa decidere: qual’ è stata per te la molla che ti ha fatto dire “voglio fare qualcosa di mio”?

Dopo varie esperienze lavorative presso note case di moda (Mila Schon, Dolce Gabbana e altri brand minori), a volte anche non retribuite,

ho deciso di mettermi in proprio per poter esprimere pienamente le mie potenzialità creative.

Con molta fatica ed impegno sono riuscita a crearmi una rete di clienti che mi hanno dato fiducia ed ho consolidato nel tempo.

3. Raccontaci del tuo lavoro

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Ho uno studio di design e consulenze stilistiche nato nel 1998 come studio “associato” con la collaborazione di altre persone che lavorano nello stesso campo, ma anche con mansioni diverse in modo da sfruttare tutte le esperienze e sinergie da mettere a disposizione dei clienti.  Per avviare tutto ciò non ho avuto la necessità di richiedere alcun finanziamento; le spese di gestione dello studio sono sempre state suddivise in modo equo. Attualmente ho un socio-collega con il quale collaboro da molti anni e una designer che si occupa principalmente del lavoro esecutivo.

4. La tua giornata-tipo

  • Ore 7 sveglia, accompagno le bambine a scuola/asilo

  • Ore 8.30/9 ufficio controllo mail e organizzazione del lavoro giornaliero, a seguire visita quando é programmata presso i clienti (Milano, Carpi, Firenze, Brescia)

  • Ore 18/18.30 fine della giornata quando sono in ufficio (Devo dire che ogni giornata é diversa dall’altra, solo in fase di progettazione mi fermo molto in ufficio, altrimenti sono in giro nelle aziende a seguire la realizzazione dei prototipi)

5. Quali difficoltà  hai incontrato?

Lavoro e famiglia devono trovare la giusta armonia; l’aiuto dei miei familiari é stato ed é fondamentale. La principale difficoltà che ho riscontrato quando sono diventata lavoratrice autonoma é stata gestire il lavoro dello studio e seguire la realizzazione delle collezioni in azienda in quanto

il tempo non bastava mai; ecco perché ho pensato ad uno studio associato in modo che ognuno avesse i propri compiti e in caso di necessità uno poteva sostituire l’altro, cosa che a una donna con famiglia capita molto spesso.

6. Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Il mio lavoro é essenzialmente un lavoro creativo in cui la passione é la cosa più importante; è sicuramente un lavoro ricco di soddisfazioni, tutto parte da un’idea schizzata che poi prende forma e diventa un capo di abbigliamento; sono nata nella boutique milanese di famiglia ,

mi é sempre piaciuto essere a contatto con le donne che amano vestirsi e sentirsi diverse.

7. C’è chi sostiene che le donne debbono sempre impegnarsi il doppio, per dimostrare quel che valgono.  La tua esperienza?

Per quanto riguarda la mia esperienza non ho avuto particolari difficoltà in quanto donna, certo é che una donna deve dividersi tra impegni lavorativi e famiglia quindi in questo senso deve dimostrare di impegnarsi il doppio.

8. Vantaggi e svantaggi del lavoro in proprio

Sicuramente uno dei vantaggi é l’auto gestione del lavoro e l’indipendenza;  il mettere in gioco le tue competenze e conoscenze é sempre rischioso, ma l‘indipendenza e la possibilità di esprimere compiutamente le tue doti creative, sottoposte al solo giudizio del cliente, non hanno confronti ed é sempre gratificante.

9. Ti confronti o lavora insieme ad altre imprese?

Lavoro a stretto contatto con le aziende che mi commissionano il lavoro, cercando di comprendere al meglio le loro esigenze e molto spesso mi confronto con le loro problematiche che inevitabilmente sorgono.

10. Per sviluppare la tua attività o per lavorare meglio, di cosa senti necessità?

Vorrei avere molto più tempo a disposizione.

11. Tre consigli a chi oggi vuole aprire un’attività

1- credere in se stessi e nelle proprie capacità

2- avere passione per questo lavoro

3- tenacia, umilta’, accettare le critiche e farne tesoro per migliorarsi

12. Ti chiedi mai : ma chi me l’ha fatto fare? E come ti rispondi?

No, sono contenta di quello che ho fatto finora, anche se non sono mancati momenti di sconforto, amo il mio lavoro e sono fortunata di poterlo svolgere anche con la comprensione della mia famiglia.


Mi prendo la luna (ovunque sia)

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Chi l’avrebbe mai detto, che dopo avere ispirato sogni, poesie, canzoni, quadri, fatto riflettere e gioire, dopo essere stata complice di innamoramenti, dopo tanti rapimenti, chi l’avrebbe mai detto che la luna sarebbe stata usata dall’onorevole Mole’, deputato italiano, per dirci che ““da studi specifici sulla funzione intellettuale in rapporto alle necessità fisiologiche dell’ uomo e della donna risultano certe diversità, specialmente in determinati periodi della vita femminile” e pertanto – questo e’ l’onorevole Codacci -“la donna non può giudicare”, fare il magistrato. (Tutte le dichiarazioni, che non risalgono al medioevo, compresa quella di un futuro Presidente della Repubblica le trovate qui ). Le porte della magistratura le donne le aprirono dopo il ricorso di Rosanna Oliva alla Corte Costituzionale, che diede alle donne il pieno accesso agli uffici pubblici nel 1960: 5 cittadine italiane vinsero il concorso nel 1963 ed entrarono in magistratura nel 1965. Rosanna Oliva oggi è Presidente di Aspettare Stanca. Stanca, davvero: una delle prime donne magistrato, Livia Pomodoro, è stata anche la prima donna ad essere nominata Presidente del Tribunale di Milano: nel 2007, dopo 42 anni, 42 anni, in magistratura.

Cosa vuol dire? Forse che ci sono persone che hanno opinioni bizzarre (e le raccontano in modo bizzarro) ed altre che si impegnano a portare avanti le proprie idee e realizzare sogni, propri ed altrui. Studiano, lavorano, faticano, provano, riprovano e cambiano le cose. E, alcune, nel frattempo si innamorano, allevano figli, fanno la spesa, bruciano la cena, vanno al cinema, si innamorano di nuovo, puliscono sederi, leggono romanzi, stanno in coda, litigano, ridono, stirano, comprano un altro paio di scarpe. Epperò! Non e’ mica difficile, no?

COSA E’ DIFFICILE

A parte scrivere per la festa della donna, l’ottomarzo: un sacco di parole, oggi. “E’ questa la declinazione più frequente dell’indifferenza: si neutralizzano le richieste di cambiamento in un fragore di applausi” – Marco Paolillo sul Sole 24ore del 25.11.12. Cosa e’ più difficile per una donna? Alcune persone, uomini e donne, han voluto rispondere a questa domanda: qui ci sono le loro riflessioni e le loro parole. Quasi unanime l’osservazione “difficile rispondere”. Domanda mal posta, allora, non c’e’ niente di difficile. Per alcune , e’ difficile fare tutto, ricoprire al meglio diversi ruoli, trovare il tempo per se’. Spesso le imprenditrici dicono che no, loro non hanno trovato più difficile aprire un’impresa e farla crescere perche’ donne. Donne capaci possono essere brave imprenditrici, essere brave nel proprio lavoro (almeno) quanto gli uomini capaci. Più difficile il resto, il tenere insieme, lo dicono anche le parole degli uomini che ci vedono divise tra lavoro/casa/figli. E’ una questione questa che torna sempre e tocca tanti aspetti, a cominciare dai servizi pubblici e dall’organizzazione del lavoro. Proviamo oggi a trovare un’altra possibile strada, praticabile subito, adesso.

Se quel tenere insieme fosse anche: fare insieme? condividere con altre persone. Condividere compiti e responsabilità, condividere spazi e tempi, condividere progetti e trovare insieme soluzioni.

Insieme sul lavoro, fare insieme un’impresa, decidere ad esempi oche quando i servizi pubblici mancano o sono carenti, li non ci rassegnamo e proviamo a progettarli e realizzarli insieme, cittadini ed istituzioni. Fra qualche giorno, Roberta Manganelli ci racconterà di come ha sviluppato la sua attività nel mondo della moda. Altre imprenditrici hanno dato la loro disponibilità a condividere e raccontarsi: anche questo e’ un modo per fare insieme.

FIN DOVE SI PUO’ ARRIVARE

251785_edurne_pasaban_dest_2Edurne Pasaban – la prima donna a scalare tutti i 14 ottomila della Terra – dice di se’ “credo di essere una persona fortunata a fare quello che io voglio”. Una persona che non ha fatto alcune cose per farne altre, per vivere la propria passione. La sua definizione dell’estremo e’ questa: che tu scali un ottomila o timbri il cartellino alle 8

qualunque cosa fai, devi sapere qual’e’ il punto dove tu puoi arrivare

Volere. E potere. Conoscersi e mettersi alla prova, senza superare il limite, ma spostandolo man mano, fin che si può. Volere e potere: capacità, possibilità di influenzare gli altri, autorità, potenza decisionale. Quale potere?

NIENTE BUGIE

A volte

le donne al massimo fanno un doppio di tennis – gli uomini riescono a mettere in piedi una squadra di rugby!

Ma cosa vuol dire squadra? Risolvere, anziche’ parlarne. Trovare il modo per risolvere i problemi e sfruttare le occasioni, senza dire toccava a te, a me, a lui: e’ il risultato che conta, per tutti. E ricordarsi, sempre, che

non si può dire all’avversario passami una palla facile.

Lo spiega un allenatore, secondo alcuni un bravissimo allenatore, Julio Velasco, qui. E anche per lui

non ci sono cose facili o difficili. Ci sono cose che sai fare o che non sai fare

BE DIFFERENT

La cosa più difficile e’ rispettare ed affermare la propria differenza, la propria verità –

rispettare l’altro non cedere alle certezze e rassicurazioni del così fan tutti, alle consuetudini, alle convenzioni….rispettare il valore della differenza, non solo di genere.

Ci ha detto un’amica. Essere unici e’ un valore e deve essere considerato tale. La cosa bella e’ che vale per tutti, nel senso che dà un vantaggio a tutti: ai singoli e alla collettività.

E si, vale anche nella vita d’impresa: avere capacità distintiva. Saperla comunicare. Tra l’altro, la prima lezione di marketing di solito e’ “copiare, nella comunicazione, non rende mai”. Ma non basta: esplorare, non fermarsi, cercare nuovi bisogni e nuove soluzioni, immaginare il domani.

Rispettare gli altri, le persone che lavorano con noi , fornitori e clienti. Anche se gli altri fanno diversamente. Ivanhoe Lo Bello, imprenditore siciliano che si e’ impegnato molto in questi anni per pretendere ed ottenere il rispetto delle regole, chiedendo a tutti di dire NO, ha usato proprio queste parole “combattere la mafia conviene”, rispettare le regole fa bene anche al portafoglio.

THINK DIFFERENT

Un’osservazione molto interessante mette in evidenza i legami fra cultura e rispetto

Il deficit culturale della nostra Italia, “sì bella e perduta”, è ancora gravissimo: non c’è rispetto per le donne come non c’è adeguato rispetto per l’ambiente, per le risorse culturali, per il bello immateriale e non profit

E così capita anche che siano le donne a farsi trascinare da modi di pensare generati da un’incultura di fondo, che per ignoranza e timore non sa capire che le differenze e’ ricchezza, umana ed economica. Questa può essere la cosa più difficile

liberare sé stesse da una visione maschilista

Come?

Un certo tipo di “culturismo” si combatte con la cultura. In tutte le sue forme: educazione al bello, apprendimento, conservazione e valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio “storico” – che vuol dire musei e ville e giardini e storia del lavoro e delle produzioni, paesaggi, fatiche e sacrifici, sviluppo della creatività, innovazione. Cultura d’impresa, diffusione di esempi positivi. Cultura della legalità. Rispettare le regole, semplicement,e e farle rispettare.

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Ce lo ricorda ad esempio Letizia Battaglia, fotografa italiana che si definisce così

mi prendo il mondo ovunque sia

Sua e’ questa famosa foto di Rosaria Schifani, vedova di Vito, ucciso a maggio di 21 anni fa.

QUATTRO PROPOSTE SEMISERIE PER L’8 MARZO

  • Niente fiori? Qualche idea era già qui. Oppure andiamo insieme a fare orti e giocare a Montorfano – Somariamente. Regaliamoci o regaliamo biglietti e abbonamenti del festival Tones of the Stones – ideato e realizzato da una donna, Maddalena Calderoni. Andiamo in biblioteca dove ci sono in sacco di eventi e cose da fare.
  • Pensiamo diverso il rapporto con il denaro. Ad esempio, partecipando agli incontri organizzati dall’Associazione Libera del VCO, il programma e la registrazione degli incontri già avvenuti le trovate qui
  • Una borsa, nuova o prestata. una borsetta. Piccola, che ci stiano solo chiavi, portafoglio, telefono, tablet se lo usate, un libro. Si, è un modo per cambiare, almeno per tutte quelle signore che han per borsa una valigia. Dentro ci sono anche, sempre, calzini e biancheria di ricambio per bimbi, pezzi di giochi, merende di emergenza, magari un cerotto o due, biberon, pannolini, ciucci, sonagli, libricini, pennarelli. Sì, di solito c’e’ anche un libro, magari un romanzo, che non si sa mai. Loro, invece, han le tasche: fazzoletto, portafoglio, telefono, chiavi. Salvo che in versione da ufficio, c’e’ la borsa per il tablet . Ecco, viaggiamo leggere, facciamo portare il resto a loro. Almeno qualche volta, come gesto simbolico ma non solo: e’ con l’abitudine, che si cambia
  • se volete scoprire qualcosa di nuovo sulla natura umana, non perdetevi questo – Human Nature

(e forse, potremmo decidere di farci sorprendere qualche volta senza diadema, come la Natura – per parafrasare Emily Dickinson. Non possiamo cambiare il mondo facendo tutto insieme)


Creatività&innovazione: più facile col co-working

Dai fondatori di TAG consigli per chi vuole organizzare e gestire uno spazio di co-working: 11 consigli per creare una COMMUNITY – Talent Garden Blog – Passion Working Place | Talent Garden Blog.

Oltre agli abitanti, in TAG si organizzano eventi, workshop e corsi questo permette di veder transitare nell’arco di una settimana un folto gruppo di persone, racconta Davide Tattoli su Che futuro