AVERE SUCCESSO E DIVERTIRSI: INTERVISTA ALLA DONNA DEI RECORD

Maria Luisa Zambrini

Maria Luisa Zambrini

Maria Luisa Zambrini e’ la donna dei record.  Una macchina per vincere , titolava La Repubblica in questo divertente articolo di Ormezzano che  ne ripercorre l’incredibile carriera .  E’ una donna vivace, arguta, disponibile. Ama la vita,  vivendola.  La sua energia e passione sono contagiose.  Abbiamo avuto il grande piacere ed il grande onore di incontrarla  durante il suo soggiorno sul Lago Maggiore.  Ci ha spiegato come raggiungere tanti traguardi e fare cose per altri difficili: con  la regola del tre.  Riassumo le tante cose belle che ci ha raccontato. E spero di non farle torto: Marisa ha una personalità spiccata, ma soprattutto ha tanto da dire e da insegnare.

I RECORD? SONO ANOMALA PERCHE’ VIVO

Roberta:  hai lavorato a fianco di molti uomini di spicco e di carattere non certo morbido. Imprenditrice nella moda, giornalista sportiva, pluripremiata.  E incontri scintillanti: come quella volta che la bellissima Tina Onassis….

Marisa: sono anomala per come ho vissuto e come vivo la mia età. Compio 90 anni a gennaio.

Sono anomala perche’ ho fatto tante cose, e le ho fatte perche’ mi piacevano tutte.  E’ vivendo che si impara qualche cosa, credo.

Sono una donna fortunata, così si sarebbe intitolata la mia autobiografia, se l’avessi scritta (sei ancora in tempo! NdR)

E così che ho ottenuto i miei record.  Sono l’unica giornalista donna  ad avere corso la Mille Miglia, vincendola nella categoria, negli anni ’50. Sono stata una delle prime giornaliste sportive donna, negli anni ’50. Azzurra di tuffi, a 75 anni l’ultimo salto dal trampolino dei 5 metri.  Sono una delle poche donne,  30 su  3000 uomini, premiate dal CONI  con la “Stella d’Oro al Merito Sportivo”. E sono stata:

  • il primo Segretario di una squadra di calcio maschile – e che squadra: la Juve, dal ’55 al ’59.

  • l’unica donna a dirigere una squadra di corse automobilistiche,  negli anni ’60

LA FAMOSA REGOLA DEL 3 – OVVERO COME FARE TANTE COSE E AVERE SUCCESSO

Roberta:  alla base dei tuoi record  sportivi e professionali  e forse di tutta la tua vita c’è la “regola dei 3 anni”. Come funziona?

Marisa: Ho cambiato spesso,

diciamo che ogni 3 anni ho cambiato attività.

Dopo un po’ che faccio una cosa mi viene in mente di farne un’altra o me ne viene offerta un’altra.  Spesso me ne viene offerta un’altra. Perche’ ho il coraggio di dire sì quando penso di essere in grado di farlo. Non posso fare quella che ha fatto Margherita Hack, ad esempio, non ho la preparazione. Ma altre cose sì.

Se lo fanno gli altri posso farlo anch’io, e’ il mio motto.

Se  leggo un’offerta di lavoro interessante, mi viene da rispondere subito. Poi mi dico “alla mia età..”, sono del ’24. 

Ho l’interesse per le cose nuove. Questo mi ha sempre dato la volontà di dire “buongiorno, signori, me ne vado”.  E lascio a vuoto, senza avere altre proposte, altre offerte.  Arrivano sempre dopo.

Ho sempre fatto le cose perche’ mi piacevano: mai pensando questo mi rende, qui mi pagano tanto. Ho  avuto incarichi molto ben remunerati, alla Juventus o alla Scuderia “Serenissima” per esempio, avrei potuto aggrapparmi a questi incarichi per averne altri, ma non l’ho fatto.

Ho sempre fatto le cose perche’ mi piacevano:

perciò quando non mi piacevano più me ne andavo, potevo andarmene.

Il caso ha avuto la sua parte: sono diventata azzurra di tuffi per caso, ho fatto la Mille Miglia al posto di un altro che non ha potuto partire.

VINCERE LA PAURA, VIVERE NELL’INCERTEZZA: “IL SEGRETO” (DI MARISA)

Roberta: Hai sempre avuto il coraggio di lasciare, senza sapere se ci sarebbe stata un’altra occasione. Incertezza e cambiamento segnano la nostra vita, vissuti anche con angoscia e timore. Qual’e’ il segreto per affrontare l’incertezza?

Marisa:

  1. Il primo segreto e’ dire sì. Mi chiedono e dico sì, vado.
  2. Ho l’idea che ogni lavoro e’ dignitoso se lo fai come si deve. In periodi difficili, ce ne sono stati, ero disponibile anche a fare la donna di servizio.  Non ho mai avuto problemi perché sono sempre stata disponibile a fare qualsiasi lavoro.
  3. Non ammetto di non fare qualcosa, se posso: vado avanti a testa bassa. Forse anche questo e’ un pregio: non desistere.
  4. Il senso dell’ironia mi e’ servito molto. Trovo che oggi il senso dell’ironia manchi, specialmente alle giovani donne. Si possono affrontare molte situazioni complicate con l’ironia – non parliamo poi dei corteggiatori indesiderati!
  5.  Non ho mai ammesso di avere dei complessi. Avevo il complesso del lato sud, l’ho vinto tuffandomi,  con il sud rivolto al pubblico. Ho vinto la paura del buio, la paura dei cavalli e altre. Mi sono costretta a stare al buio e in mezzo ai cavalli. Se vivi le situazioni che ti fanno paura, scopri che alla fine non ti succede niente.

LO SPORT – QUALCHE LEZIONE PER LA VITA E IL LAVORO

Roberta: perche’ lo sport e’ importante?

Marisa:

Lo sport aiuta a capire che le difficoltà esistono e che c’è la possibilità di superarle

Cerco sempre di spiegare queste tre regole, soprattutto a ragazze e ragazzi:

  1. Lo sport deve essere divertimento, piacere. E’ gioco, innanzitutto. E’ bene che lo sappiano i ragazzi e anche i genitori.  I miei genitori erano grandi sportivi, mio papà uno schermitore e  Segretario della Nazionale di scherma: ma non mi ha mai detto di tirar di scherma. Ho provato, non era per me
  2. C’e’ sempre qualcuno piu’ forte di noi. Anche se oggi sono la piu’ forte o  il piu’ bravo, fra un anno  verrà fuori qualcuno può forte.  Quindi, non diamoci delle arie, se siamo i primi.
  3. Le sconfitte esistono. Io anche se perdevo non ne facevo una malattia.

Roberta: Lo sport ci insegna anche qualcosa sulle donne? Poche fanno sport, da noi un’indagine recente evidenzia una grande differenza fra ragazze e ragazzi  delle superiori.

Marisa: E’ vero, le ragazze in Italia fanno meno sport dei ragazzi: da una parte le ragazze si sentono inferiori in qualche cosa, mi sembra.. Dall’altra, la cultura e l’organizzazione non le aiuta. I genitori spesso non le incoraggiano e anzi sono un ostacolo: andare in giro, in trasferta? No, no. I maschi iniziano a giocare al calcio: iniziano fin da piccoli a fare cose insieme, a sentire l’importanza della squadra, a praticare uno sport come deve essere inizialmente, un gioco. Questo li aiuta molto. Pensiamo ad esempio agli USA: ci sono i college, lì tutti fanno sport, ragazze e ragazzi. Eppure

quando le donne riescono ad emergere spesso riescono meglio degli uomini

Pensa ai successi di questi giorni: nella scherma, alla maratona di Berlino. Grandi donne, grandi storie.

SI’, PER LE DONNE E’ PIU’ DIFFICILE

Roberta: sei stata ai vertici in attività difficili. Ma e’ vero che per una donna e’ diverso o ci piace raccontarcelo?

Marisa: Ho fatto molte cose, anche nel lavoro, che le donne in Italia non facevano e non avevano mai fatto. Ho ricoperto incarichi “da uomo”. Consapevole che se avessi sbagliato io, una donna. .. Non erano tanto le persone, ma il contesto, la cultura a rendere difficile o impossibile ad una donna  di avere certi incarichi.

C’era chi, come Umberto Agnelli, era aperto a fare lavorare le donne: mi ha chiamato, una donna, in una squadra di calcio, mai visto prima. Sapendo che venivo da tutt’altro settore, dall’automobilismo.

Mi e’ capitato che fossimo in 3000 ed ero l’unica donna. Ma ho sentito i miei bei no:

corrispondente donna per lo corse alla RAI? Negli anni ’60: no. Direttore Sportivo dell’Alfa Romeo? Dirigenti donne: qui, no. A meno di accettare di fare la dirigente “fantasma”. No allora l’ho detto io:

no grazie, io voglio gli onori, non solo gli oneri.

Eppure non ho mai rinunciato alla femminilità, ad essere donna: anche alla Mille Miglia avevo un bel tailleur ( e mi sono sentita dire “finalmente una pilota vestita da donna”). Facevo i tuffi e mi mettevo il rossetto.

GLI ALTRI SONO IMPORTANTI

Roberta: hai lavorato per squadre sportive, quando hai iniziato con i tuffi a Torino c’era molti bravi atlete e atleti. Quanto contano gli altri?

Marisa: Gli altri sono importanti, soprattutto per l’amicizia. Ho moltissimi amici, soprattutto uomini. Di Enzo Ferrari ad esempio ero amica, perche’ gli dicevo chiaro in faccia quel che pensavo e lui era circondato da troppi yes-man.  Abbiamo fatto delle litigate da paura!

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Non c’è spazio per altro, nemmeno la storia della  scuderia piu’ buffa del mondo, la Serenissima in Florida, con Consiglieri dell’ONU e marchesi… Grandi donne, grandi storie.  Avevo molti timori, prima di incontrare Marisa Zambrini e di intervistarla, non avevo mai intervistato nessuno: ma qualche paura la affronto anch’io. Grazie mille Marisa!  Date un’occhiata al suo curriculum manoscritto qui 

Grazie  anche a Claudia Campagnoli, anche lei ha superato qualche timore, e alla famiglia Campagnoli dell’agriturismo “Al Motto”, se siete sul Lago fate un salto su http://www.agriturismoalmotto.com  , per avermi fatto incontrare la bellissima donna dei record.


DA DOVE VENGONO LE BUONE IDEE? ancora sulla creatività

Steven Johnson illustra la nascita delle idee in questo bel video di 4 minuti:

Le idee hanno necessità di incontrarsi

Le intuizioni devono collidere con altre intuizioni, dice Johnson

spesso quel che trasforma una idea in una cosa di successo e’ un’altra intuizione che ronza nella testa di un’altra persona

La creatività e l’innovazione richiedono anche il confronto, lo scambio, il mescolarsi.

Servono quindi degli spazi dove questo possa avvenire. Il web, certo : sempre disponibile, gratuito o quasi, si trova tutto e tutti. Ma non basta. I caffe’ letterari sono stati un sistema che connetteva idee ed intuizioni.

Idee ed intuizioni, certo, ma teniamo conto anche del sincero piacere di incontrarsi, ri-trovarsi, fare parte di una comunità che ci riconosce, divertirsi e scoprire il piacere di condividere. Qualcosa che ha a che fare anche con la libertà , anche quella di sbagliare. Questione di cuore, sì a volte mi ripeto. Se non e’ bello, se non c’e’ gioia ne’ piacere, perche’ farlo?

La creatività e’ (anche) una questione di spazio

Ne L’ultimo teorema di Fermat Simon Singh racconta la passione che richiede la soluzione di un problema matematico e descrive un ambiente straordinario, l’Isaac Newton Institute di Cambridge:

“Il solo scopo dell’esistenza di quell’istituto e’ di riunire le piu’ grandi intelligenze del mondo..allo scopo di discutere e tenere seminari avanzati di ricerca (…) …

l’edificio e’ progettato in maniera particolare per favorire la collaborazione e lo scambio di idee degli accademici.

Non ci sono corridoi chiusi dove ci si possa occultare.. I matematici vengono invitati a passare il tempo” nell’area comune.

Viene favorita la collaborazione anche quando ci si sposta nell’istituto: l’ascensore, che mette in comunicazione i tre piani, contiene una lavagna. In ogni stanza dell’edificio c’e’ almeno una lavagna, bagni compresi (!)

C’e’ il coworking ne abbiamo già parlato qui, citando l’esperienza di TAG e di Davide Dattoli, imprenditore di 22 anni. Dopo di noi ne parla anche Repubblica, in un lungo articolo del 6 agosto:

Il vero valore aggiunto di questo formula e’ di riunire le persone e i rispettivi talenti.

Se io sto tutti i giorni in un ambiente dove mi dicono che non ho speranze certo che mi rassegno. Ma se mi circondo di ragazzi pieni di idee che stanno provando a realizzare, cambia tutto.

Certo, e’ impegnativo e rischioso: quando le idee girano, poi di chi sono? E chi le usa e ne trae utilità ed utili?

“non avendo invenzioni da brevettare i matematici.. sono fra le persone meno gelose dei loro lavori. La comunità dei matematici e’ orgogliosa di avere uno scambio di idee libero e aperto …” Simon Singh

L’innovazione e’ – in estrema sintesi – la capacità di usare idee a fini di lucro. Concorrenza perfetta e innovazione vanno in direzioni diverse – così insegnano. Poi siamo umane, ci piace anche farci dire brave, ogni tanto (se l’idea non ce la ruba il solito signore magari piu’ dotato di noi ma di certo piu’ bravo a farsi vedere).

L’idea eccola qui

Possono esserci altri spazi e sistemi, diversi dal coworking o paralleli: occasioni e luoghi fisici dove le persone si incontrano, raccontano la propria esperienza, condividono quel che sanno e quello che hanno imparato con l’esperienza e ascoltano e rispondono a chi meno sa e vorrebbe sapere, a chi a delle idee ma non sa bene, a chi e’ piu’ giovane o giovanissimo e allora gli spazi son tutti presi o sono un po’ ghetti (solo per giovani, solo per quelli che no eccetera). Troppo spesso non ci accorgiamo di quanto sappiamo e di quanto potrebbe interessare ad altri.

Che ne dite? Ah, mi raccomando: ricordatevi che l’idea e’ anche un pò mia…

Annamaria Testa

Io invece dico grazie ad Anna Maria Testa, la signora della creatività – Liscia, gassata o Ferrarelle? – che mette a disposizione quel che sa: il video di Johnson lo trovate qui e tantissimo altro sul suo Nuovo e Utile . Non vi titilla la papilla?

 


B&B: IMPRESARIE DI CASA PROPRIA

primacolazioneridottoE’ il Bed & Breakfast la parola vincente, la risposta immediata ad una fame di incentivazione turistica che mai come in questo periodo di crisi vuole essere saziata. Sembra una nuova forma di accoglienza turistica invece altro non è che l’applicazione di uno schema semplice attuabile in quasi tutti i contesti abitativi con l’applicazione di poche ma precise regole. Gran Bretagna e Irlanda custodiscono le radici di questo modello di ricezione turistica che nei paesi del Nord Europa ha conosciuto il suo massimo sviluppo. In Italia ha fatto capolino negli anni 90  prendendo piede nelle aree più turistiche di mare e montagna sviluppandosi nel tempo in tutti gli angoli del Paese. Ma, in pratica, come si fa ad aprire un B&B? Cosa serve e cosa va fatto? Innanzi tutto aprire un B&B significa offrire pernottamento e prima colazione. Dal 2001 esiste una legge nazionale che norma queste gestioni  ma ogni Regione ha la sua applicazione specifica.

Nella Regione Piemonte?

Innanzi tutto per aprire un B&B non occorre essere residenti nel luogo in cui si trova la struttura che abbiamo scelto. Si può aprire anche in seconde case; l’importante è che il proprietario nel periodo d’apertura conviva nella struttura con i propri ospiti dato che il B&B si basa sul concetto di ospitalità a casa propria.

Bisogna aprire Partita Iva per gestire un B&B?

Il carattere occasionale che contraddistingue l’apertura di questo servizio ne consente l’esclusione. Al Comune in cui ha sede il B&B si deve spedire per via telematica il modello Scia, (Segnalazione certificata di inizio attività) corredato dagli allegati elencati al fondo del modello stesso. Sarà poi il Municipio ad inviare la documentazione a Provincia, Asl e Atl (Associazione turistica locale)All’esterno della struttura verrà posto un logo distintivo dell’attività con  il numero di stelle segnale  la categoria assegnata all’esercizio, così come avviene per gli alberghi.L’eliminazione delle barriere architettoniche permette di acquisire un alto punteggio di categoria come pure la qualità e quantità di servizi offerti.

Ma di quanto spazio si può disporre?

Non più di tre camere con un massimo di sei posti letto. Sulle dimensioni delle stanze si rimanda alla legge come pure quelle dei servizi igienici che devono essere in prossimità delle camere e/o possono comunicare direttamente, completi di sanitari (con vasca o doccia) e con ventilazione naturale o forzata.

Una volta chiariti questi passaggi va detto che chi apre un B&B deve garantire ai propri ospiti-oltre alla cortesia della modalità di accoglienza che ne definiscono un buon operatore di struttura- semplici norme igieniche quali:

  • la pulizia dei locali quotidiana,
  •  la fornitura di biancheria (compresa quella del bagno) almeno due volte alla settimana oltre che ad ogni cambio cliente.

In riferimento al sevizio della prima colazione (chiamata da alcuni anche piccola colazione) va detto che bisogna garantire la sicurezza dei prodotti che vanno somministrati. La legge vieta la somministrazione di prodotti fatti in casa- come ad esempio una torta- ed impone solo cibi confezionati.

A questo si aggiunge una notifica sanitaria relativa alla sicurezza alimentare dei cibi messi a disposizione degli ospiti che va presentata all’Asl competente.

 I prezzi chi li stabilisce?

Le tariffe sono libere e vanno comunicate al Comune ed all’Atl. Si possono effettuare sconti per gruppi o formule di risparmio. L’importante è rispettarle . Il titolare del B&B rilascia all’ospite una semplice ricevuta di quietanza che attesti l’avvenuto pagamento del soggiorno. Chi sceglie di aprire un B&B vive un’esperienza gratificante che avvicina culture, usi e costumi diversi e ne arricchisce i soggetti che si prestano a questa interazione.

Inoltre costituisce una valida integrazione al bilancio familiare. La sua gestione consente di guadagnare ed allo stesso tempo di avere del tempo libero a disposizione. Una proposta interessante per la donna casalinga divisa tra impegni domestici e famigliari.

 


Donna, lavoro, famiglia e passione. Equazione perfetta?

Lorella Granzotto ridottabis

 Lorella Granzotto, funzionario  presso l’Assessorato al Turismo del  Comune di Verbania, tra l’impegno professionale e quello famigliare -ha cinque figli e tre nipotini- trova il tempo per gestire  un Bed & Breakfast che si chiama “VerdeBlu”.

1. Che studi hai fatto e cosa facevi prima di diventare imprenditrice?

 Ho fatto il Liceo Classico e poi Laurea al DAMS (Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo) di Bologna.Ho sempre lavorato per il Comune di Verbania, prima in Biblioteca e poi al Turismo

2. C’è un momento, un’occasione in cui scatta la molla che ci fa decidere: qual’ è stata per te la molla che ti ha fatto dire “voglio fare qualcosa di mio”?

La convinzione che a Verbania ci fosse spazio per modi diversi di ospitalità turistica e la voglia di aprire la propria casa, oltre che agli amici, ad ospiti italiani e stranieri. Le poche soddisfazioni nel lavoro dipendente ma anche le necessità economiche legate al fatto di avere tre figli. E grazie allo stimolo di un compagno che mi ha esortato a credere maggiormente in me stessa.

3. Raccontaci della tua impresa  

Ho aperto un’attività di Bed and Breakfast: una camera con il bagno e il giardino. Ho conosciuto gente molto interessante ma l’ho chiusa due motivi: per fare una grande cucina per la nostra grande famiglia e perché ne avevo sottovalutato l’impegno. Recentemente, dopo aver ottenuto il part-time sul lavoro, ho riaperto il B&B in un’altra stanza della casa.

 4. Hai iniziato con un capitale tuo o hai ottenuto un finanziamento?

Ho usato qualche risparmio per fare un bagno supplementare (la prima volta) ma aprire un B&B non ha grandi costi. Questa seconda volta ho solo acquistato un letto

5. Raccontaci qualcosa delle persone che lavorano con te.

Tutta la famiglia collabora: mio marito – che ama cucinare – prepara le colazioni, i figli aiutano nell’accoglienza e nelle attività di prenotazione (gestione mail e telefonate), lavaggio e stiratura biancheria.

6. La tua giornata-tipo

Quando ci sono ospiti: sveglia alle 7.30, aiuto nella preparazione della colazione, lavoro in Comune dalle 8.30 alle 14.30, a casa risistemazione stanza e cucina, spesa, gestione mail, accoglienza clienti con suggerimenti per escursioni e per i locali in cui cenare

7. Quali sono le difficoltà maggiori che ha incontrato sinora e come le hai risolte, con l’aiuto di chi/cosa?

La cosa più preoccupante è stata affrontare la burocrazia legata all’apertura dell’attività e le incombenze con polizia, statistica, tasse di soggiorno… La promozione non è stata difficile perché ho usato l’esperienza acquisita in ufficio dove avevo già curato materiali promozionali e siti internet; l’accoglienza è una mia dote che ho dovuto solo sviluppare e “professionalizzare”.

8. Cosa ti piace di più di questa attività?

 Mi piace il fatto che nessuno mi debba dire cosa fare e il fatto che se lavori bene hai sicuramente un ritorno. Mi piace anche che mi dicano che ho una bella casa, che sono gentile, disponibile e competente. Ho potuto negli anni aiutare altre persone ad aprire l’attività e sono contenta di essere un punto di riferimento al riguardo.

 9. C’è chi sostiene che le donne debbono sempre impegnarsi il doppio, per dimostrare quel che valgono. Alcune imprenditrici raccontano invece di non avere avuto particolari difficoltà perché donne. Nella tua esperienza, quale delle due è più vera?

 In questo campo essere una donna non è penalizzante. Nei lavori che hanno a che fare con la casa e l’accoglienza tradizionalmente sono le donne che la fanno da padrone!

 10. Vantaggi e svantaggi del lavoro in proprio rispetto a quello dipendente

 Hai la libertà di sbagliare ma se fai bene il tuo lavoro ne vedi i risultati: in termini di soddisfazione ed anche a livello economico.

 11. Ti confronti o lavori insieme ad altre imprese?

 Ho fatto parte dell’Associazione Case piemontesi ed è stata un’esperienza molto interessante perché tutti i dubbi che mi venivano all’inizio li potevo risolvere grazie al confronto con altri gestori di B&B; abbiamo anche attivato dei corsi che hanno affrontato tutte le problematiche connesse alla gestione di un bed and breakfast, da quelli fiscali, assicurativi, legali a quelli promozionali, turistici e di accoglienza. Quando vado in giro cerco sempre di alloggiare nelle case dei colleghi in modo da poter scambiare con loro esperienze e prendere spunto per migliorare l’ospitalità.

 12. Per sviluppare la tua attività o per lavorare meglio, di cosa senti necessità?

 Mi piacerebbe avere più stanze perché spesso devo smistare altrove le richieste che non possiamo soddisfare. Mi sto organizzando per farmi aiutare nelle pulizie e vorrei risolvere anche il lavaggio della biancheria. Vorrei poter mantenere solo la parte dell’accoglienza lasciando ad altri le incombenze “domestiche”. Sentirei anche il bisogno di conoscere meglio le lingue ma questo è un problema che potrei facilmente risolvere vincendo la mia pigrizia.

13. Tre consigli a chi oggi vuole aprire un’attività in proprio

 Beh, la mia attività non presenta i rischi di impresa che hanno in genere le attività in proprio. Posso quindi consigliare a tutte le donne che lo desiderano di…provarci! Mal che vada si può sempre smettere e sicuramente sarà stata un’esperienza arricchente. Quello che occorre mettere in conto è il fatto che apri la tua casa agli altri, in genere a persone educate, gentili e piacevoli ma potrebbe capitare anche qualche esperienza sgradevole. L’ospitalità deve essere una cosa che fai volentieri e non ti pesa. E devi sapere che se PRIMA vedendo una bella giornata pensavi ad andare in montagna o al lago DOPO ne approfitterai per fare il bucato e sarai felice che i tuoi ospiti possano andare alle isole!

 14. Ti chiedi mai : ma chi me l’ha fatto fare? E come ti rispondi?

 Mi sono chiesta chi me l’avesse fatto fare quando lavoravo trentasei ore alla settimana e avevo i figli ancora in età scolare. Infatti ho chiuso l’attività, nonostante funzionasse molto bene, perché il tutto era troppo faticoso. Quando l’ho riaperta l’ho fatto in modo che la cosa non mi pesasse così tanto perché credo che l’accoglienza debba essere prima di tutto un piacere. Ho scelto di essere solo su un portale http://www.bed-and-breakfast.it perché non mi piace avere intermediari. Questo sito promuove l’attività ma lascia che i contatti con gli ospiti siano diretti. Anche quando vado in vacanza utilizzo questo portale che trovo molto serio ed affidabile. Costa Euro 180,00 all’anno e la fattura si può scaricare.


FACEBOOK E TWITTER :ISTRUZIONI PER L’USO

Frustrated Woman at Computer With Stack of PaperLe statistiche italiane  dicono che almeno il 65% delle imprese nazionali investe in un Social Network e nella rosa dei “papabili” sceglie proprio Facebook (seguito da Youtube e Twitter).

Questo “social” dà la possibilità di creare una pagina ufficiale della propria impresa  per presentarsi, aumentare le conoscenze e favorire il mondo in rete

Diversamente da prima in cui si diventava fan di una pagina generica di Facebook, ora per iscriversi ad una pagina ufficiale basterà cliccare sul pulsante “mi piace/like”.

Compiendo questo gesto chiunque vedrà nella propria home page gli aggiornamenti della pagina stessa come se fossero i post dei propri amici.

Come si fa? Basta andare sul menu Facebook sulla voce “ads and page”. Il percorso porta ad una pagina in cui si trovano l’elenco delle pagine che vengono amministrate da voi.

In alto c’è un pulsante con scritto “Create page”.

Cliccando qui si giunge alla maschera di creazione delle pagine dove, dopo aver dichiarato di essere i rappresentanti ufficiali per realizzarla, gli darete un nome.

Attenzione: la scelta del nome è importante perché superati i 100 iscritti non potrà essere cambiato. Per lavorarci senza renderla visibile si può operare con la modalità settings mentre con i wall settings (impostazioni sulla pagina) possiamo proibire ai fan di scrivere sul wall (pagina in questo caso) fino a quando non sarà pronta ( da “Manuale di buon senso in rete” di Alessandra Farabegoli)

Avete un blog e volete collegarlo alla pagina di Facebook?

Basta andare in “Edit”, nella pagina, e cliccare su “Applicazioni”. Qui compaiono modalità diverse che permetteranno di poter creare il collegamento.

Lo stesso si può fare con Twitter che permette anche di dare risposte automatiche.

A differenza di Facebook questo mezzo di comunicazione è più invasivo in quanto i cinguettii (da to tweet che significa cinguettare) possono essere davvero numerosi provocando stress in chi deve gestire questi canali.

Twitter permette di inviare messaggi solo a chi è presente nella lista dei contatti twett quindi a sua volta è già un follower (ovvero un sostenitore) non necessariamente un vostro amico ma semplicemente gente interessata a ciò che noi scriviamo e che ci ha rintracciato con lo stesso mezzo. Invece, per inviare un messaggio diretto pubblico è sufficiente avere il destinatario come following ( ovvero che ci segue!). Se siamo interessati a seguire qualcuno dobbiamo andare su segui. Se veniamo abilitati potremo ricevere da chi seguiamo tutti i tweet relativi all’argomento.

Il numero di caratteri a disposizione per scrivere ogni messaggio è al massimo 140. Chi lo utilizza è vivamente consigliato a non usarli tutti ma circa un centinaio in modo che i restanti siano utilizzati da chi vi risponde ovvero vi ritweet. Nei messaggi serve digitare gli hashtag ovvero il simbolo cancelletto (#):parole o combinazioni di parole concatenate precedute da questo simbolo fungono da etichette.

Etichettando un messaggio con un hashtag si crea un collegamento ipertestuale a tutti i messaggi recenti che citano lo stesso hashtag. Si possono inviare dei messaggi a tutti i propri follower e poi rispondere ai loro singoli post. Per rispondere pubblicamente usate lo username del destinatario preceduto dalla chiocciola (@). Tutti i messaggi vengono raggruppati in una conversazione e saranno visibili a tutti i follower partecipanti alla conversazione. Per inviare dei messaggi leggibili esclusivamente dagli utenti cui son diretti, basta andare nella pagina del destinatario e cliccare sull’omino con la scritta “invia un messaggio diretto” digitare il nome della persona preceduto dalle lettere ‘dm’. Si possono pubblicare anche foto cliccando sulla macchina fotografica e caricando dal PC l’immagine da postare, o inviandola direttamente dal telefonino se si ha l’applicazione . Twitter è nato come mezzo di comunicazione per commentare gli articoli pubblicati on line dai giornalisti ed oggi si rivela un utile motore di ricerca funzionale grazie alla modalità di invio dei messaggi, molto contenuta. Esistono poi all’interno di Twitter una barra di ricerca e un riassunto dei temi di attualità/tendenza chiamati Trending Topics. Qui si trova un elenco degli hashtag più utilizzati nelle frasi

Ci sono anche i Trending Topics localizzati che permettono la visualizzazione degli hashtag più popolari per ogni Nazione.


Il voucher per baby sitting ti da una mano!

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Arriva il voucher per baby sitting.

Si tratta di una sperimentazione triennale (2013/2015) che tutti si augurano proficua. Destinatarie sono le mamme lavoratrici che hanno terminato il periodo di astensione dal lavoro prima e dopo il parto, come previsto dalla legge  e in alternativa al congedo parentale . Il contributo elargito ammonta a 300 euro mensili donato per 6 mesi (al massimo), spendibile negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio. Serve per affrontare le spese relative ai servizi per l’infanzia pubblici o privati.

 


TRA DISEGNI E PROGETTI..IO VALGO!

Sara Rossi

SARA ROSSI, 48 anni, madre di due figlie di 16 e 21 anni, è una libera professionista impegnata in una dimensione professionale storicamente maschile che da anni si “ritaglia”, anche nella nostra provincia, spazi completamente rosa. Il  suo diploma di maturità non è rimasto nel cassetto nemmeno con la maternità, permettendole di avere uno stipendio e di sviluppare la propria creatività senza penalizzare la vita privata.

1Che studi hai fatto e cosa facevi prima di diventare imprenditrice?

Sono diplomata Geometra. Prima di diventare imprenditrice collaboravo per la parte tecnica presso cooperative edilizie.

2.  C’è un momento, un’occasione in cui scatta la molla che ci fa decidere: qual’ è stata per te la molla che ti ha fatto dire “voglio fare qualcosa di mio”?

Un libero professionista, secondo me, deve da subito essere arbitro del suo lavoro rispondendone in prima persona.

3.  Raccontaci del tuo lavoro

 Lavoro presso uno studio associato di architettura che svolge variegati servizi. Ci occupiamo, per conto di società immobiliari, di acquisizione aree edificabili, progettazione di edifici residenziali, ottenimento dei titoli abilitativi all’edificazione, computi metrici e contratti d’appalto con imprese, direzione lavori, la gestione vendita delle unità, l’accatastamento e stesura e le regolamentazioni condominiali ma anche pratiche di progettazione accatastamento e pratiche tecniche per privati.

4. Raccontaci qualcosa delle persone che lavorano con te.

Il lavoro di progettazione di edifici di dimensioni medio grandi porta la componente maschile dell’ufficio a sentirsi più idonea alla mansione.Alle volte non è così semplice portare avanti un ruolo di Direzione Lavori con manovalanza di imprese costruttrici quando già in ufficio le tue capacità sono considerate meno attinenti.

5.  La tua giornata tipo

 La sveglia suona alle 6. La giornata parte con il disbrigo delle faccende di casa (stirare, stendere..). Alle 9 prende il via l’attività lavorativa in ufficio sino alle 13 quando scatta la pausa pranzo che dura sino alle 14.30. Rientrata in ufficio ci rimango sino alle 18.30/19.

6.  Quali difficoltà hai incontrato?

E’ difficile a volte far valere la propria professionalità nei confronti dei colleghi maschi che mi attorniano.

 7.  Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?

 Credo che l’aspetto più bello del mio lavoro sia la creatività. La predisposizione allo studio delle funzionalità e praticità che, storicamente, è legata alle mansioni del ruolo donna all’interno della casa e della famiglia nei lavori quotidiani.

8.  C’è chi sostiene che le donne debbono sempre impegnarsi il doppio per dimostrare quello che valgono. La tua esperienza?

Non credo che sia necessario impegnarsi il doppio per dimostrare il valore del proprio operato. L’impegno doppio nasce dalla necessità di coniugare lavoro e famiglia.

9. Vantaggi e svantaggi del lavoro in proprio rispetto a quello dipendente.

Senza ombra di dubbio gli orari flessibili, ma in tutti i sensi. Se hai bisogno ti organizzi per “staccare” prima; se non hai finito vai avanti senza rispettare orari.

10. Tre consigli per chi oggi vuole aprire un’attività in proprio.

Primo: cercare sempre un confronto con gli altri per valutare la positività del proprio operato. Secondo: non pensare che il luogo migliore di lavoro per una donna sia la propria casa e pensando, in questo modo, di gestire meglio il tempo disponibile. Terzo: continuare a ripetersi “io valgo”.

11. Ti sei mai chiesta “chi me l’ha fatto fare”?

No, assolutamente no. Avrei fatto comunque altro oltre che la mamma.


CREAZIONI D’ARTISTA BELLE, DOLCI E … POSSIBILI!

 

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Marina Ruffoni,

50 anni, vende prodotti dolciari di qualità all’ingrosso ed al dettaglio curando anche l’allestimento di buffet nuziali e la creazione di bomboniere.

Condivide questa esperienza con Angelica socia in affari che, in fatto di gusti e strategia lavorativa, ben si sposa” con quelli di Marina.

 

1. Che studi hai fatto e cosa facevi prima di diventare imprenditrice?

Ho frequentato un corso di studi per Segretaria d’Azienda. In seguito ho vissuto molti anni all’estero e quando sono tornata in Italia ho lavorato come aiuto alle vendite in un negozio.

2. C’è un momento, un’occasione in cui scatta la molla che ci fa decidere: qual’ è stata per te la molla che ti ha fatto dire :“voglio fare qualcosa di mio”?

A far scattare in me la voglia di iniziare qualcosa di mio sono state le esperienze e le idee maturate nell’esperienza svolta all’estero.

3. Raccontaci del tuo lavoro

La Chocolaterie des Iles, questo è il nome della mia attività, è un negozio che vende al dettaglio e all’ingrosso prodotti di altissima qualità che vengono scelti in tutte le parti del mondo in cerca di “eccellenze” e che poi vengono incastonate in confezioni preziose e molto curate, con prezzi abbordabili a tutti. Inoltre ci occupiamo anche di bomboniere, allestiamo i buffets per le feste di matrimonio mettendo a disposizione (in affitto) le nostre fontane di cioccolato.

4. Raccontaci qualcosa delle persone che lavorano con te

Lavoro con una socia, Angelica Destefanis. Abbiamo la fortuna di avere le stesse idee e gli stessi gusti quindi non abbiamo mai attriti quando dobbiamo fare delle scelte per la nostra attività.

5. La tua giornata tipo

Mi alzo alle 7 e vado in negozio alle 9. Dopo aver fatto accurate pulizie mi dedico al confezionamento dei nostri prodotti, consiglio i clienti nei loro acquisti e confeziono bomboniere o preparo il necessario per i nostri buffets a seconda delle richieste giornaliere. Alle 12.30 chiudo il negozio per poi riaprirlo alle 15. Vi rimango sino alle 19. Se ci sono delle feste o dei matrimoni per i quali devo preparare il buffets, mi fermo anche in serata. Mi piace seguire in ogni minimo dettaglio affinché i nostri clienti siano sempre soddisfatti.

6. Quali difficoltà hai incontrato?

Le difficoltà non mancano e si presentano ogni giorno soprattutto in questo periodo.Tuttavia cerco di essere positiva e guardo avanti con fiducia.

7. Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Amo questo lavoro perché mi da la possibilità di liberare il mio lato creativo e fare ogni giorno nuove vetrine o nuove confezioni. In più mi dedico alla scoperta dei prodotti; amo stupire i nostri clienti con sempre nuove chicche da fargli assaggiare.

8. C’è chi sostiene che le donne debbono sempre impegnarsi il doppio per dimostrare quello che valgono. La tua esperienza?

Credo che, come in tutte le cose, ci sia sempre il rovescio della medaglia. Essere donne ha i suoi lati negativi e positivi in termini di lavoro. Non come essere uomini dove tutto è estremante relativo e oggettivo. Io cerco di prendere e vedere tutto il buono che c’è nell’essere donna imprenditrice e quando necessario cerco di tirare fuori le “caratteristiche maschili” che servono.

9. Vantaggi e svantaggi del lavoro in proprio rispetto a quello dipendente.

I vantaggi sono: la possibilità di decidere il proprio tempo e la propria vita.

Gli svantaggi sono: i rischi che si corrono e la paura di fare scelte.

10.  Ti confronti o lavori con altre imprese?

Il mio confronto quotidiano avviene con i clienti al dettaglio e all’ingrosso: in generale mi confronto ogni giorno con tutti cercando di imparare il più possibile

11. Per sviluppare la tua attività o per lavorare meglio, di cosa senti la necessità?

Per lavorare meglio mi piacerebbe (come a tutti) essere meno oberata dalle spese e dalla burocrazia per poter pensare più serenamente a come fare al meglio il proprio lavoro. Mi piacerebbe che ci fosse più spirito di collaborazione tra le diverse realtà locali. All’estero si lavora molto in team invece qui c’è ancora molta diffidenza, rivalità….Credo che una buona collaborazione e sinergia tra i negozi, i ristoranti e i grandi alberghi facciano la forza e la bellezza di un luogo.Spero che presto anche a Stresa (e chi come me la rappresenta), apra gli occhi a questa politica collaborativa.

12. Tre consigli a chi oggi vuole aprire un’attività in proprio

I consigli sono spesso dati con troppa leggerezza. Ogni situazione è a se. Però credo che la cosa più importante sia valutare accuratamente il business che si vuole aprire, i rischi, le proprie capacità economiche e l’impegno necessario.

13. Ti chiedi mai: “ma chi me l’ha fatto fare”?

A volte me lo chiedo.. ma trovo sempre delle buone risposte per tirarmi su di morale!


L’impossibile di oggi può non esserlo l’indomani – virtu’ del pericolo

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Il rischio e’ insito nell’attività d’impresa:

L’imprenditorialità fiorisce grazie alla scelta di persone mentalmente libere che scelgono di lasciare posizioni sicure per perseguire nuove idee e promuovere nuove imprese

Gestire e ridurre il rischio e’ possibile, in una certa misura. Ad esempio con un buon  business plan.  Ma comunque chi ha un’impresa e chi lavora in proprio opera costantemente in situazioni di incertezza. Per questo e’ importante capire quale e’ la nostra sensibilità, il nostro modo di vivere il rischio: se non siamo a nostro agio, se fuggiamo i rischi, questa non e’ la nostra strada.

Il rischio ha a che fare con tre elementi: incertezza, i risultati nel futuro, le nostre decisioni. Il rischio non ci capita, lo corriamo, sapendo che non siamo noi a determinare il risultato . Paradossalmente e’ la responsabilità di decidere a darci le vertigini.

Il rischio chiede di metterci in gioco: per questo attrae e respinge.

Un coraggio da leoni…

Il rischio non ci piace perche’ siamo così. Dipende dalla nostra natura, dalla conservazione della specie. Questo e’ uno dei motivi per cui perdere fa tanto male, a tutti. Il predatore preferisce i deboli: meno fatica, meno rischi di restare senza cena.  Noi non siamo tanto diverse/i.  La valutazione del rischio e’ influenzata dalle perdite che ci prefiguriamo. E  non valutiamo allo stesso modo tutti i rischi: “ se dovessimo pensare al rischio di essere uccisi da un’ auto ogni volta che attraversiamo la strada, resteremmo tappati in casa per tutta la vita …”  Studiando l’avversione alle perdite il premio Nobel Daniel Kahneman ha scoperto che anche “l’eccesso di fiducia è una nostra caratteristica innata”.  Insomma, guidiamo con il pilota automatico, grazie a meccanismi nati per assicurare sopravvivenza ed efficienza. Anche quando non e’ piu’ questione di sopravvivenza.

..grazie a dio

Già il poeta Euripide  ricordava che “Gli dei ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie e all’inatteso un dio apre la porta”. Ma l’incertezza e’ davvero una condizione della nostra epoca.  Il filosofo francese  Edgard  Morin  ritiene per questo che affrontare le incertezze sia un sapere fondamentale, che va appreso ed insegnato.  Voi come fate? Quante cose nuove avete fatto negli ultimi 3 mesi? E nell’ultimo anno? Affrontate volentieri nuove esperienze, vi piace farvi nuovi amici? Giocate a golf o fate immersioni?

A matter of the heart

15-20 anni fa ai convegni  si chiedeva  “imprenditori si nasce o si diventa?”. “Si nasce” era la risposta,i relatori  sempre uomini . Ecco, bisogna pur farsi una ragione che le cose son come sono, ma ogni volta   mi veniva un po’ il nervoso.  Lo nacqui o non lo nacqui, che problema.  Ma davvero ? mi chiedevo sempre.  Convegno dopo convegno, finalmente 10 anni fa un imprenditore belga rispose

fare l’imprenditore dipende dal cuore

I discorsi di Steve Jobs non erano ancora famosi. Ammirai perciò il coraggio di quest’uomo grande e grosso che smentiva gli altri relatori. Un imprenditore vero: dipendente di una banca, aveva fatto il salto nell’informatica. Gli era andata male: “ho perso l’impresa, i soldi, la casa e la moglie”. Ma aveva ricominciato, con successo. Il cuore, disse. Si riferiva anche all’educazione ed alla scuola. Un ambiente che tollera il fallimento, che non lo punisce con la riprovazione, aiuta molto. Ma parlava soprattutto di quel che ciascuno ha dentro di se’. Niente determinismo, fatalismo ne’ pacata rassegnazione: quel che siamo, quel che abbiamo nel cuore cambia, si evolve, cresce.

Un po’ come per l’evoluzione: exaptation e’ il riutilizzo di un sistema biologico ad altri fini. Siam fatti così: ma il nostro cervello e’ plastico ed ha saputo riciclare alcune aree per nuove funzioni, ad esempio per il linguaggio e la scrittura. Tornando a noi, abbiamo risorse e potenzialità che attiviamo o meno a seconda della nostra esperienza, degli eventi e del caso.  

La misura del rischio

Walter Bonatti scriveva:

le grandi montagne hanno il valore dell’uomo che vi si misura, altrimenti rimangono soltanto sterili mucchi di pietre

Walter Bonatti, grandissimo alpinista, di batoste nella vita ne ha prese tante. Senza perdere il senso della propria misura e del proprio valore. E che ironia: ha persino rischiato di mancare all’appuntamento con l’amore di tutta una vita. Si era perso. A Roma.

Siamo l’unità di misura delle sfide che incontriamo. E noi decidiamo cosa abbiamo davanti: sfide o mucchi di pietre senza significato. Come?

“ Sebbene la ragione sia l’organo della verità, è l’immaginazione ad essere l’organo del significato” C.S. Lewis

Il protagonista di Lontano dal pianeta silenzioso  vive suo malgrado un’avventura rischiosa su un pianeta sconosciuto.  Il corpo  vorrebbe solo sfuggire ai pericoli. Lo sguardo invece no.  Scopre così una bellezza insospettabile e riesce persino a vedere l’invisibile. Il corpo e la ragione gli dicono “sopravvivi!”. Cambiare sguardo lo  fa vivere, affrontando i rischi.

Niente di nuovo: 45.000 anni fa l’homo sapiens ha sviluppato l’intelligenza simbolica (Homo Sapiens a Novara). Una piccola rivoluzione, che ci ha portati molto lontano:

come se avessimo imparato a creare mondi possibili nelle nostre teste, anziche’ accettare passivamente la dura realtà naturale per come è

Da homo sapiens a homo faber: artefice del proprio destino.

Anche gli altri contano

I nostri famigliari, compagni, socie/i  cosa ne pensano? Chi ci sta intorno si trova a disagio quando lo stress per l’incertezza sale?  Siamo in grado di gestire anche questo ? E quanto ci costerà?

Se ci occupiamo di altri – figli, collaboratori.. – aiutiamoli. Lasciamoli prendere decisioni e sbagliare e mostriamo che i fallimenti non sono una catastrofe. La storia di Edison  la conosciamo tutti: migliorò la lampadina inventata da altri. Ma dopo migliaia di tentativi  infruttuosi.

E ricordiamo che  i risultati delle nostre decisioni non cadono solo su di noi. Gli altri sono e devono essere il nostro limite nell’assumere rischi. Anche loro fanno parte della “misura”. Vale per chi amiamo e per gli sconosciuti. Scaricare sugli altri rischi e perdite e’ un crimine. Contro l’umanità, innanzitutto: contro quelle qualità che ci caratterizzano e danno a ciascuno la misura del proprio valore.

Cambiare prospettiva

Possiamo credere che tutto risponda ad un ordine razionale.  Come la  prospettiva lineare  di  Brunelleschi usata da Piero della Francesca: la realtà a una sola faccia– ne parliamo qui.

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Oppure farci prendere dal fascino della vertigine, suggerisce Correggio. Tenere conto di molteplici punti di vista, come nel cubismo di Léger.  Sarebbe infinito il bacio di Berengo Gardin  senza prospettiva?

Cambiare prospettiva significa riconoscere che la razionalità perfetta non esiste.  Valutiamo i rischi in base alle nostre percezioni e alle nostre emozioni. Per questo sbagliamo: non sempre ci fa paura quello che e’ più pericoloso. La parola cancro ci spaventa molto più che correre in macchina perche’ ci prefiguriamo una lunga sofferenza.

1)      se guardiamo alla stessa situazione in termini di possibili vincite,  la nostra valutazione cambia. E’ un esercizio interessante. Lo usano anche pubblicitari e qualche politico, ma al contrario. Usare parole che evocano le nostre paure aiuta a vendere, ad esempio i farmaci

2)      e’  la nostra storia a determinare i nostri comportamenti: ma le diverse situazioni in cui ci troviamo,  l’ambiente,  l’incontro con gli altri  provocano in noi risposte diverse. Attivano risorse diverse. L’impossibile di oggi può non esserlo l’indomani – diceva Bonatti

3)      se il rischio e’ familiare, lo affrontiamo meglio. Aiutano anche l’autostima, la fiducia nelle proprie risorse: per questo mettersi alla prova e’ un valore.

Sì, e’ un po’ faticoso. Del resto, se non ci fosse nessun senso non dovremmo trovarne uno.

Ma come?

Probabilmente e’ una questione  di equilibrio, di misura. Trovare il nostro equilibrio significa sapere capire quando possiamo spingerci più in là e quando invece dobbiamo fare un passo indietro. Perche’ per noi , in quel momento, e’ troppo.  In quel momento, non per sempre.

E’ un po’ come nella danza. Le foto iniziali sono un omaggio alla coreografa e ballerina Pina Bausch. Conosceva bene il rischio. Dovette persino rifugiarsi con tutta la compagnia  in un teatro assediato dal pubblico scontento.  Ma chi ha partecipato ai suoi spettacoli dice “non dimenticherò mai”. Si può rischiare, essere ridicoli e persino fastidiosi. Perdere e farsi male. Ma ammirevoli –  the man I love